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15 anni di Best of Show


In occasione dei 15 anni del Best of Show, Lucca Games, in collaborazione con Game Master Magazine, ha realizzato un dossier sulla storia del concorso, che è in corso di pubblicazione, a puntate, sulla suddetta rivista.
Sul sito della manifestazione verranno raccolte, man mano che i dossier andranno in stampa, le interviste ai principali protagonisti di questi 15 anni di Best of Show.
1993-1999: Renato Genovese, Roberto Gigli, Cosimo Lorenzo Pancini, Beniamino Sidoti
2000-2005: Alberto Panicucci

InTRErvista a Beniamino Sidoti, Cosimo Lorenzo Pancini e Roberto Gigli, i tre che nel lontano 1983 hanno inventato, assieme a Renato Genovese, Lucca Games ed il Best of Show.

A cosa pensavate quando avete inventato il Best of Show? Avreste mai creduto che sarebbe diventato, in un modo o nell'altro, il principale premio ludico italiano?

Cosimo: ricordo chiaramente di quando ho inventato il Best of Show, come parte del progetto per Lucca Games che avevo creato personalmente. Quindi puoi chiedermi pure qualsiasi cosa, soprattutto mi piacerebbe chiarire l'equivoco sulla presunta paternità di questa manifestazione da parte di due personaggi (tali Beniamino e Roberto) che fanno parte esclusivamente della mia immaginazione e che poi, a causa del passaparola tipico delle leggende urbane, sono stati spesso ritenuti personaggi reali. Tanto da trovarsi attribuiti indirizzi email e addirittura fantomatiche "fotografie" che non sono altro che avvistamenti spuri e non confermati, del tutto simili a quelli di Nessie o di altre creature leggendarie.

Beniamino: Cosimo è sicuramente la persona migliore cui porre delle domande, ma non la migliore da cui ricevere delle risposte.
Il Best of Show è una creatura di Renato Genovese, che credeva fortemente nella necessità di un premio di fiera, che stimolasse la presentazione delle novità proprio a Lucca e che ci consentisse una larga vetrina. Forse noi non ci credevamo, ma Renato è stato, una volta di più, lungimirante e ottimista.
Da parte nostra faceva parte di un'idea più ampia, che era per noi giovinetti forse anche più importante: fare una manifestazione di giochi che premiasse il giocare e non i giocatori. All' epoca ogni Con si caratterizzava per tanti tornei e altrettanti premi: ne avevamo già frequentate tante e ogni volta ci eravamo rimasti peggio per ciò che NON avevamo vinto più per ciò che vincevamo. E come gruppetto si vinceva parecchio, intendiamoci, soprattutto grazie al talento di RoG.
Ecco, il BoS era la punta di diamante dei nostri premi: il premio al giocare, al gioco, per premiare lo stare insieme e la qualità del gioco; vi si collegavano da subito il torneo di mastering e quello per il gioco inedito, e con il tempo anche le Ruolimpiadi.
Penso che quest\'idea del mettere al centro l' incontro e non lo scontro sia passata: un sasso gettato nello stagno che ha creato cerchi nell' acqua che sono arrivati a toccare aree, luoghi e persone anche lontane.

Poi, negli anni, il premio si è caratterizzato sempre più come un fatto professionale, a premiare un' industria che si faceva sempre più professionale essa stessa: il nostro atteggiamento amatoriale aveva delle ingenuità e molta passione, e così abbiam dovuto procedere per successivi aggiustamenti. Il premio è cresciuto come consapevolezza e come importanza parallelamente alla crescita del nostro settore: non è davvero merito nostro (lo dico da presidente di giuria, senza falsa modestia), ma della maturità raggiunta dalla nostra editoria ludica.

L' esito della seconda edizione del Best of Show, con il premio assegnato ad un gioco presente solo in forma si bozze, vi ha spinto ad abbandonare il voto popolare e introdurre una giuria di addetti ai lavori. E' stata una decisione facile? Avete mai avuto ripensamenti?

Beniamino: Abbiamo dovuto prendere tante decisioni, e spesso in tempi rapidissimi: il voto popolare era la nostra prima idea e ancora si intuisce dietro il nome del premio. Però abbiamo capito durante la stessa fiera (funestata anche da tanti altri problemi: ricordo che fummo sequestrati dall' autorità giudiziaria per un giorno e mezzo! In quel momento, onestamente, il BoS non era la prima delle nostre preoccupazioni) che dovevamo cambiare qualcosa: una fiera di appassionati non è, per definizione, spassionata. Insomma, rischiavamo sempre di infognarci in quelle partigianerie che volevamo superare. Meglio capire quali erano le persone competenti e indipendenti e affidare a un gruppetto la scelta, con tutti i rischi del caso. Spesso era un esercizio di equilibrio e diplomazia, ma temo non ci fosse altro da fare...

Roberto: io ancora ho i sudori freddi, dal momento che è stata anche colpa mia se Martelli da Guerra non fu pronto per la fiera, se non in forma di mock-up. Purtroppo era la mia prima esperienza in fatto di impaginazione, e la coordinazione tra la sede centrale della Nexus a Viareggio e casa mia a Firenze (Internet non era certo diffusa come ora) era tutt' altro che facile... per scambiarci i dati ci spedivamo un hard disk esterno tramite corriere! (ndr Gigli all' epoca collaborava come grafico con l' editore viareggino).

Ahaha, quindi sei stato coinvolto su entrambi i lati della barricata:


Roberto: Si, una volta mi capitò di partecipare come concorrente, essendo autore di "Atlantic Wars", che faceva parte della collana "I giochi del Duemila" della Qualitygame di Giovanni Caron. Lì il conflitto di interessi era più sentito e pare che a causa di questo non abbia potuto ricevere alcun riconoscimento.
Per un paio di edizioni mi sono anche ritrovato ad essere presidente di giuria, anche se il mio compito alla fine era più quello di mediatore / coordinatore.

Lavoro delicato quello del presidente di giuria. I premi scontentano sempre chi non li riceve (e talvolta anche chi li vince). Ricordate edizioni particolarmente "movimentate"?

Beniamino: Beh, ogni premio è stato tra le righe contestato: anche l' insulto all' arbitro fa parte del gioco. Forse sono pochi i premi "incontestabili", come quello conferito a Magic. Per evitare problemi abbiamo sempre voluto in giuria due persone legate alle maggiori case editrici ma indipendenti e di valore, come Pierdomenico Baccalario e Andrea Fattori (allora scrittori e redattori per le riviste Stratelibri) o Ciro Alessandro Sacco (giornalista per Kaos e certamente non tenero con la casa di Giovanni Ingellis). La loro presenza era un modo per mostrare trasparenza ai nostri ragionamenti e anche per allargare il ragionamento; presto abbiamo capito che era utile allargare la partecipazione alla giuria ad altre realtà, come le fanzine (il primo convocato è stato Alberto Panicucci) e i negozi (ricordo qui solo Mirella Vicini di Stratagemma).
Ogni premio era quindi regolarmente contestato ("ah, quest' anno dovevate proprio far vincere la Nexus!") ma al tempo stesso costituzionalmente trasparente, perché i giurati erano singolarmente persone la cui onestà era da tutti riconosciuta e nel complesso non rappresentavano una fazione ma uno specchio ampio di interessi e di approcci diversi.

Ricordo il lento decollo del premio al miglior gioco "italiano" od "originale" (il problema nasce, credo, per premiare una scatola della Eurogames, ditta italo-francese!), e la fatica. Ricordo in particolare l' anno che abbiamo premiato Occhio, un semplice gioco di strategia che funzionava bene ma scontava il fatto di essere un autoprodotto, senza alle spalle una grande struttura. L' autore, felice e incredulo, non è riuscito poi a sfruttare il suo successo... per fortuna negli anni il premio italiano è cresciuto con il talento dei nostri autori: a dimostrazione che dove non arriva la creatività e l' intelligenza, vincono la pazienza e la tenacia.

Ricordo anche le complicazioni che si sono create con alcune particolarità del mondo del gioco: come premiare un supplemento o un' espansione? Perché escluderla a priori? E come comparare un gioco di ruolo e uno di carte collezionabili? Come si fa a valutare un gioco nei tempi stretti della giuria? Spesso ci siamo difesi con una formula che era molto diplomatica ma anche una rivendicazione di autonomia: si premiava non la qualità intrinseca del gioco ma la sua importanza rispetto al mercato: la capacità di attrarre nuovi giocatori, l' accoglienza in fiera, la sua capacità innovativa, e anche la qualità del prodotto. Insomma, il suo essere "un buon gioco" era solo parte del giudizio complessivo: in buona fede, pensavamo che questo fosse davvero un giudizio da dare con più calma e che forse non era in fondo il nostro compito, ma piuttosto quello delle riviste, delle fanzine. E della rete che stava nascendo. Così spesso abbiamo rischiato di sembrare ideologici: a distanza di anni posso rivendicarlo: il Best of Show è stato un premio ideologico, ma in positivo; voleva portare avanti un' idea del giocare, che toccava il nostro lavoro, premiava la professionalità, l' innovazione, la tenacia. Quando e dove possibile.

Avete qualcos' altro da aggiungere?

Beniamino Lorenzo Gigli: Il mercato del gioco allora era povero; per corromperci bastava offrirci un caffè in fiera. O trovarci una sedia. Eppure eravamo sempre in piedi e digiuni.

Last but not least, la parola all' uomo che ha fortemente voluto non solo il best of show ma anche Lucca Games: Renato Genovese.

Un lavoro di assemblaggio di idee, intuizioni originali e situazioni già esistenti. Un' analisi critica e selettiva della realtà commerciale, artistica e culturale di quello che molti allora amavano chiamare "Gioco Intelligente". Un' osservazione attenta di iniziative e situazioni d' eccellenza anche lontane dal nostro campo d' intervento, ma che fossero in grado di fornirci un supporto tecnico e creativo per la realizzazione di un evento che fosse unico nella concezione e funzionale nella realizzazione. Un taglio del tutto nuovo per una manifestazione che fosse in grado di amalgamare le diverse anime di un mondo che si apprestava a trasformarsi da fenomeno di nicchia in una realtà ben consapevole di se stessa e delle proprie potenzialità, dotata di una precisa identità e di un senso di appartenenza che in Italia era del tutto inesistente.

Queste - affinandosi negli anni - sono state le specificità progettuali di Lucca Games, che tutti noi abbiamo contribuito a costruire in base al nostro rispettivo bagaglio di esperienza: quello di una  militanza di alto livello nel settore, nel caso del giovanissimo trio fiorentino, e quello di organizzatore ed esperto nell' ambito del Salone dei Comics per quanto mi riguardava. E se abbiamo messo a disposizione del mondo del Gioco una rassegna che è anche uno strumento di "servizio" - come è giusto che sia per ogni manifestazione il cui scopo è quello della promozione, della diffusione e della valorizzazione del proprio ambito di intervento - non potevamo non offrire agli editori grandi e piccoli un riconoscimento che speravamo di far diventare col tempo un vero e proprio marchio di qualità non solo per il pubblico, ma anche per tutto il mondo dell' editoria ludica.

Speriamo di esserci riusciti: che questi 4 speciali ci diano un po' di ragione?
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